Archivi per November 30, 1999

Le storie che riguardano nuove idee di giovani imprenditori italiani sono quelle che scrivo sempre con più orgoglio ed entusiasmo. Nell’articolo di oggi parlerò di “Fattelo!“, un progetto di impresa basato su due dei modelli di business collaborativi più importanti del momento: i meccanismi Open Source e il Crowdfunding. Fattelo! è la traduzione inglese di “Do-It-Yourself!”, ovvero, “fattelo da solo!”, e non è altro che un progetto d’impresa basato sul concetto di “design Open Source”, in cui i designer, oltre a poter vendere il prodotto, mettono a disposizione i progetti affinchè essi possano essere costantemente migliorati.

Il primo prodotto nato da questo progetto è una lampada (chiamata 01LAMP), costruita con un semplice cartone della pizza, un cavo e dei led, che si può costruire autonomamente o “comprare” tramite una donazione su Eppela. Grazie a questa si contribuirà inoltre a sostenere il progetto d’impresa concepito dai quattro giovani designer italiani, ideatori del progetto. Si chiamano Mattia, Andrea, Antonio, Federico ed hanno tutti meno di 30 anni, tanto talento e un passato di studio e lavoro nel mondo del design e della progettazione.

Il modello di business che i ragazzi vogliono sfruttare è particolarmente interessante, perché, come tutti i progetti del suo genere, fa leva sulla partecipazione dei contributor e dei fan al progetto stesso. Fattelo! ha però qualche caratteristica che lo rende radicalmente innovativo, perché Il meccanismo che prevede la partecipazione è basato su di una strategia di marketing virale molto ingegnosa. Per scaricare i disegni e le istruzioni necessari per costruire i progetti ci si deve infatti “loggare” con le credenziali di Twitter o Facebook.

In questo modo, sia che si compri il prodotto finito sia che si scarichino i disegni per costruirsi il prodotto autonomamente, si contribuisce alla crescita del progetto. Nel primo modo infatti lo si sostiene “economicamente”, nel secondo invece si contribuisce diffondendo le creazioni ed i progetti dei designer presso la propria rete sociale. Il meccanismo è, in sostanza, un sistema per sostenere un’efficace strategia di comunicazione virale.

I ragazzi hanno dimostrato di essere, oltre che ottimi designer, anche abilissimi strateghi. Nel video di presentazione, infatti, annunciano che sia se il progetto di finanziamento su Eppela abbia successo sia che non ne abbia, scriveranno un report contenente la descrizione della loro esperienza e dei consigli per altri ragazzi che vorranno finanziare i propri progetti tramite crowdfunding. Anche in questo caso i giovani designer cercano di ispirare la propria audience esortandola a contribuire tramite le donazioni su Eppela, in modo che la storia che il report descriva un grande successo e non un fallimento.

Termino complimentandomi con i ragazzi per il loro approccio innovativo all’imprenditoria: non solo hanno ben sfruttato un modello di business innovativo, ma hanno anche saputo pianificare una strategia di marketing basata su tre elementi molto interessanti:

  • Ispirazione: la campagna di comunicazione è incentrata sull’appello ad aiutare questi giovani designer a coronare il loro sogno di diventare imprenditori (argomento che, soprattutto in questi mesi risulta particolarmente “sensibile”).
  • Viralità: grazie al meccanismo “scarica e condividi” i ragazzi possono contare su una comunicazione innovativa, efficace e a costo zero.
  • Partecipazione: il progetto non avrà successo se non otterrà la partecipazione di un buon numero di persone, sia che esse comprino il prodotto sia che lo condividano. L’obiettivo del team di Fattelo! è infatti quello di costruire il proprio progetto e crescere attraverso la partecipazione della propria fan base. In questo contesto, “il crowd” è la leva più importante sulla quale si regge il progetto.

Devo ammettere che sono sicuro che Fattelo! riscuoterà il successo che merita su Eppela, ma, anche se malauguratamente non dovesse, i ragazzi avranno avuto la possibilità di far apprezzare il proprio ingegno e la propria creatività e, non da ultimo, di scrivere un report che sarà utile ai molti altri che verranno dopo di loro. In ogni caso auguro loro un in bocca al lupo!

A presto,

Massimiliano

Il Crowdfunding non è solo appannaggio delle piattaforme più famose, come Kickstarter o Indiegogo, ma una campagna per la raccolta di finanziamenti può essere anche svolta in autonomia. Tra i problemi di questo approccio, fino a poco tempo fa, si poteva però segnalare il fatto che sviluppare una propria piattaforma di Crowdfunding stabile e funzionale poteva non essere alla portata di tutti.

Selfstarter è una creazione di Cameron Robertson e Paul Gerhardt, già inventori di Lockitron, un sistema per aprire la propria porta d’ingresso grazie ad uno smartphone. Espulsi da Kickstarter non si sono dati per vinti e, armati di ingegno, hanno voluto creare una piattaforma loro, in modo da poter lanciare Lockitron tramite una campagna di Crowdfunding autonoma.

Dalla nascita di Selfstarter, i costi per lo sviluppo di una piattaforma propria non rappresentano più un limite: Selfstarter è infatti la prima piattaforma Open Source per il Crowdfunding, liberamente scaricabile e modificabile da tutti coloro che ne hanno le capacità.

L’innovazione è radicale e apre nuovi scenari nel panorama del Crowdfunding: ora chiunque può facilmente costruire la propria campagna, senza bisogno di ricorrere ai siti più blasonati. La scelta tra organizzare la raccolta dei finanziamenti tramite una piattaforma già esistente (Kickstarter, Indiegogo, Ulule o Eppela, per citare le più famose) o svolgerla in autonomia (grazie a Selfstarter o ad un sito ad-hoc) presenta però diversi fattori da tenere in considerazione.

Utilizzare una piattaforma già esistente presenta i seguenti vantaggi:

  • Ottenere fin da subito un alta visibilità: siti come quelli citati in precedenza, infatti, hanno una audience variegata ed internazionale, che genera milioni di visitatori unici al giorno.
  • Integrazione con i Social Network: piattaforme come Kickstarter presentano un’alta integrazione con i social network più famosi e ciò facilita estremamente una diffusione “virale” ed efficiente delle notizie e degli aggiornamenti legati al proseguimento della campagna.
  • Disponibilità di tools avanzati per il monitoraggio delle metriche riguardanti la campagna: sempre sulle piattaforme più evolute si hanno a disposizione delle dashboard (stile google analytics) che permettono di monitorare in maniera molto efficace ed intuitiva l’andamento della raccolta fondi. Ciò permette di adattare o migliorare la propria strategia con una certa reattività.

Utilizzare una piattaforma propria, invece, presenta i seguenti punti di forza:

  • La possibilità di customizzare la propria pagina a piacimento, donando originialità al proprio progetto con una presentazione più originale rispetto ad altri.
  • Si evita la possibilità di corrispondere fees o percentuali sui finanziamenti raccolti alla piattaforma. Ogni sito di Crowdfunding ha le proprie politiche, ma tendenzialmente le piattaforme più note prevedono qualche forma di pagamento in cambio della possibilità di inserire un progetto al loro interno. Nonostante si tratti di percentuali quasi mai superiori al 5% dei finanziamenti raccolti (o comunque di fees non proibitive), si pensi ai progetti che hanno raccolto milioni di dollari dai propri backers e si facciano le debite proporzioni.
  • Non si deve sottostare alle regole delle piattaforme: anche in questo caso ogni sito presenta le proprie policies. In tutti i casi, però, il progetto può essere introdotto solo tramite l’approvazione da parte dei gestori della piattaforma.
  • Non si rischia di essere sottoposti ad un confronto diretto con progetti similii, con il rischio che il progetto non appaia originale o che le sue caratteristiche differenziali non emergano.

In ogni caso, si deve tenere in considerazione che lanciare un progetto tramite una piattaforma propria sia la scelta più adatta se si dispone già di un forte seguito, se si può sfruttare come eco il contributo di una comunità molto attiva nella quale si è inseriti, oppure se si dispone già di un brand sufficientemente noto ad un numero significativo di persone (spesso si tratta di brand o prodotti di nicchia). Questa strategia è già stata sperimentata con successo nel caso del gioco “Path of Exile in cui il team di sviluppatori, consci di avere al proprio seguito un buon numero di appassionati, hanno deciso di utilizzare la propria fun-base per finanziare alcuni dei loro prodotti tramite crowdfunding.

Al contrario, se si vuole lanciare un progetto e non si può contare già su un ampio seguito o non si ha una strategia per costruirselo in maniera molto veloce, è certamente meglio scegliere di utilizzare una piattaforma già nota.

Selfstarter sembra un ottima piattaforma libera, che però soffre ancora di alcune pecche di gioventù, come la mancanza di una integrazione con i social network, caratteristica che può essere molto importante per le campagne di Crowdfunding. Nonostante tutto, Selfstarter ha permesso al team di Lockitron di raccogliere, nel primo round, poco meno di due milioni di dollari di finanziamento, dimostrando che la bontà del prodotto e della strategia giocano un ruolo fondamentale, indipendentemente dall’approccio che si intende seguire.

Come dicevo in precedenza, ogni giorno vengono introdotte delle innovazioni nel panorama del Crowdfunding. Ad oggi è ancora difficile prevedere come si evolverà questo settore, se verso poche piattaforme generaliste o verso molteplici piattaforme dedicate solo a progetti unici. Una cosa è certa: se ancora è difficile prevedere il futuro del Crowdfunding, è certamente impossibile immaginare un futuro senza Crowdfunding.

Per chi volesse approfondire la storia di Lockitron e Selfstarter consiglio l’articolo Forget Kickstarter: Start-up Raises $1.5 Million on Its Own.

A presto,

Massimiliano

Pare che il fenomeno del Crowdfunding stia finalmente attirando l’attenzione di sempre più professionisti anche nel nostro Paese. Una buona occasione per parlare del futuro del Crowdfunding in Italia sarà “Crowdfuture – The Future of Crowdfunding”, una convention realizzata da Nois3Lab in partnership con RomaStartUp, che si terrà Il 27 Ottobre 2012 presso l’Università La Sapienza di Roma.

L’evento rappresenta un incontro fondamentale per tutti i professionisti e gli appassionati al tema che vogliano confrontarsi sul tema “Crowdfunding” con alcuni tra i maggiori esperti a livello Italiano e Mondiale. Tra gli speakers, infatti, interverranno: Dan Marom (autore del best seller “The Crowdfunding Revolution”), Dario Giudici (SiamoSoci), Maurizio Sella (Smartika), Claudio Bedino (Starteed), Alberto Falossi (Kapipal), Markus Lampinen (GrowVC), Chiara Spinelli (Eppela), Alessantra Talamo (Sapienza – IdeAct), Ivana Pais (nuvola.corriere.it), Oliver Gajda (European Crowdfunding Network) e molti altri.

Tra i partner a supporto della convention segnalo nomi altrettanto illustri (l’evento è sostenuto anche dal colosso dell’Open Source Mozilla)

Il programma della giornata è stato diviso in due parti: durante la mattinata si svolgerà la conferenza, in cui interverranno i vari ospiti con i loro contributi, mentre nel pomeriggio verranno tenuti diversi Workshops, dove professionisti e partecipanti alla convention potranno confrontarsi riguardo varie tematiche:

  1. Crowdfunding: idee, community, seed capital per le start-up di social
    innovation.
  2. Massimizzare le opportunità di fundraising nell’era digitale.
  3. Crowfunding per il gaming.
  4. Crowdfunding for Open Projects (in lingua inglese).
  5. Donazioni 2.0: il crowdfunding per il non profit.
  6. RicostruiamoCi (Il tema del workshop è la ricostruzione delle zone colpite da catastrofi naturali).
  7. Come creare una campagna di crowdfunding.
  8. Special Event: Crowdknitting.

Come si può vedere il programma è denso e ricco di spunti interessanti, che sono stati intelligentemente divisi per targhettizzare audience diverse e permettere che gli workshops siano una vera possibilità di dibattito e confronto.

L’evento che ha più attirato la mia attenzione è certamente quello riguardante il “Crowdknitting”, un fenomeno di cui non sapevo nulla e che invece sta riscuotendo un buon successo presso gli appassionati di fashion, arte e design. Il termine nasce da un progetto del blog Pensierifattiamano.it e si focalizza sull’espressione artistica legata al mondo della maglia nel contesto delle nuova forma di street art denominata Yarn Bombing. “Pensando alla modalità di esecuzione e sviluppo del progetto, soprattutto in termini di condivisione, ci è sembrato naturale creare le condizioni per estendere l’esecuzione delle installazioni progettate a tutte le knitters che avessero voluto contribuire. Da questo presupposto è nato il nome del progetto CrowdKnitting, dal termine crowd, utilizzato spesso in ambito marketing per creare neologismi che definiscano attività con una forte componente di condivisione e collaborazione.” La mission di Crowdknitting per crowdfuture sarà quindi la visualizzazione del concetto “crowd” e delle potenzialità che emergono da essa. Il workshop ha l’obiettivo di creare, in collaborazione e condivisione, progetti di Yarn Bombing che caratterizzino ambienti urbani, sostengano iniziative sociali, perseguano attività di guerrilla knitting e craftivism (craft + activism).

Chi volesse sostenere l’evento, può farlo tramite la piattaforma Eppela, per chi invece volesse semplicemente partecipare agli workshops, i tickets sono disponibili su www.crowdfuture.net/tickets.

Per ulteriori informazioni sull’evento consiglio di visitare il sito all’indirizzo www.crowdfuture.net, o di visionare il breve video introduttivo all’evento:

A presto,

Massimiliano

Pochi giorni fa vi ho parlato con piacere dell’avventura da startupper di Riccardo e Marco, creatori di come4.org, il primo sito per adulti no profit e a scopo benefico. L’iniziativa continua ad essere sostenuta da numerosi backers (121 fino ad ora) e la campagna di raccolta di finanziamenti su Ulule.com sembra procedere, lentamente ma inesorabilmente, verso l’obiettivo dei 10.000 euro. Avendo trovato il progetto interessante ed insolito ho chiesto al team di come4.org di concedermi un’intervista che racconti la loro esperienza e la loro visione riguardo il crowdfunding. Ecco a voi l’intervista, concessa in esclusiva a The Big Cloud Project.

Perchè avete deciso di diventare startupper?

Parafrasando Terzani, potremmo riassumere cosi il motivo: “Io trovo che la cosa più bella che un giovane possa fare è di inventarsi un lavoro che corrisponde ai suoi talenti, alle sue aspirazioni, alla sua gioia, e senza quella arrendevolezza che sembra cosi necessaria per sopravvivere”

Crowdfunding in Italia, in Europa e nel mondo. Che idea vi siete fatti di questa modalità di finanziamento?

Negli U.S.A., Kickstarter ci insegna che il crowdfunding è una modalità di finanziamento ormai consolidata, una valida alternativa ai venture capitalist, anche se ci si trova di fronte ad un sistema quasi totalmente monopolistico. In Europa e in Italia siamo molti indietro. Soprattuto in Italia dove siamo esterofili per vocazione ma diffidenti per nascita.

Perchè la scelta del crowdfunding piuttosto che altre modalità di finanziamento?

Siamo andati a presentare il primo pitch di come4.org a H-Farm, perché credevamo che potesse essere di interesse per dei finanziatori esterni. Non avevamo ancora bene in mente come potesse evolvere la piattaforma, ma dopo lunghe sedute di brainstorming abbiamo deciso che per essere credibili dovevamo essere completamente no profit. E se non c’è profitto non c’è finanziamento. Da qui il passo all’approccio crowdfunding è stato quasi immediato: chiedere aiuto ai futuri utenti del servizio che avremmo creato. Per noi è stato importante fin da subito essere trasparenti per guadagnare la fiducia dei diffidenti. Il crowdfunding permette di esserlo dal primo euro donato.

Credete che il ricorso al crowdfunding sia anche una possibilità che viene data al mercato di “pesare” la bontà delle idee?

Il crowdfunding ha una doppia valenza da quel punto di vista. In primis permette di avere dei “clienti” prima di avere il prodotto pronto, impensabile in un mercato tradizionale. In secondo luogo è un
potente strumento di marketing, se la piattaforma di crowd ha un ottima traction, leggasi Kickstarter.

La scelta del crowdfunding vi ha fatto ottenere più attenzioni dalla stampa e più in generale dal mondo del Web?

Difficile da giudicare, possiamo dire che in molti che ci hanno contattato hanno conosciuto la definizione di crowdfunding grazie a come4.

Il progetto continuerà anche se la campagna dovesse fallire?

Fallire??? E perche’ mai dovrebbe!!! 🙂

Durante la presentazione ci sono state delle critiche riguardo alla mancanza di alcune scelte strategiche, scelta dettata dalla vostra volontà di dare alla gente la possibilità di intervenire riguardo ai contenuti di come4.org. Credete che per questo progetto sia necessario questo tipo di approccio o rimpiangete una pianificazione più accurata?

Ci sono ancora dei punti non chiari nello sviluppo del nostro sito. Crediamo però che essere sicuri di scegliere la strada corretta senza sentire cosa pensa il mondo di noi non sia la scelta più giusta . Abbiamo bisogno del contributo di quella che sarà la nostra community di riferimento per affinare al meglio la nostra idea. Non abbiamo problemi per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico, siamo invece preoccupati di pesare al meglio le nostre scelte per non fare un buco nell’acqua, come accaduto ad alcuni progetti italiani troppo “sicuri di sè”. Ci sono troppe variabili in campo, in un contesto di questo tipo, per pianificare nel dettaglio ogni scelta. Meglio un progetto più partecipativo.

Filantropia, beneficienza e pornografia, cose che mai sono andate di pari passo prima della vostra idea. Quali sono gli scogli che hanno causato più difficoltà nel conciliare le due cose?

Stiamo lavorando per rendere come4.org un progetto credibile. Siamo convinti che filantropia e pornografia possano convivere. Lo sforzo maggiore è cercare di strutturare una comunicazione che supporti l’unione di queste due entità. Crediamo di aver fatto un buon lavoro sul nostro sito, ma cerchiamo di affinare al meglio il nostro messaggio in quanto sappiamo che ci stiamo muovendo in un campo piuttosto delicato.

Cosa vorreste che diventasse come4.org?

Vorremmo che come4 fosse per il porno quello che il divx è stato per il mondo mondo dei video!

Ringrazio ancora Marco e Riccardo per l’intervista e invito tutti a dare un occhiata su ulule.com/come4 per saperne di più e per finanziare il progetto!

A presto,

Massimiliano

http://partecipactive.files.wordpress.com/2012/09/logo-come4-via-partecipactive.jpg

Ieri sera, presso la sede de “Le Balene” è stato presentato, di fronte ad un nutrito gruppo di bloggers e professionisti della comunicazione digitale, un progetto unico ed insolito. Si tratta di come4.org, il primo sito per adulti a scopo esclusivamente benefico.
All’evento ho avuto il piacere di conoscere di persona i due creatori: Marco Annoni e Riccardo Zilli. Il primo è laureato in filosofia, mentre il secondo è un urbanista con la passione per il mondo delle start-up. Due giovani vulcanici, pieni di creatività, a cui di certo non manca la voglia di inseguire i propri sogni e tramutare in realtà i propri progetti.
Durante la presentazione si è parlato molto del progetto in sè, vista la singolarità dell’iniziativa, anche se una delle tematiche che ha destato più interesse è stata la loro scelta di ricorrere al Crowdfunding come forma di finanziamento. Se nel panorama italiano infatti il Crowdfunding è ancora poco conosciuto, c’è molta curiosità di capire cosa sia, come funzioni e perché stia riscuotendo questa grande attenzione mediatica.

Nello specifico, una delle ragioni che hanno spinto Marco e Riccardo a ricorrere a questa forma di finanziamento è il fatto che i classici finanziatori di start-up, come i venture capitalist, richiedano un considerevole ritorno sull’investimento. Il loro progetto, però, essendo concepito sul modello no-profit, cozzava con le classiche strategie di sviluppo per imprese innovative. Serviva una forma di finanziamento nuova, diversa: qui è entrato in gioco il Crowdfunding. I due startupper hanno scelto la piattaforma di francese Ulule perché permetteva loro di avere una buona platea a cui proporsi, più internazionale di quanto non fosse quella delle piattaforme italiane. A malincuore, invece, hanno dovuto vedere il proprio progetto rifiutato dai giganti americani Kickstarter ed Indiegogo, che non hanno acconsentito ad ospitarlo a causa della natura “per soli adulti” del sito.

Come contropartita a chi sosterrà il progetto (che si può finanziare a partire da 5 euro) il team ha messo a disposizione dei simpatici gadget (magliette, spille, preservativi), ma anche alcune chicche, come una T-shirt disegnata da un famoso artista di fama internazionale. Per le donazioni più sostanziose, invece, sono previste la membership a vita e la possibilità di vedere il proprio nome scritto per sempre nel footer del sito. Nel momento in cui scrivo, la campagna sta dimostrando una crescente attenzione ed un incoraggiante successo. Fin ora è stato raccolto il 30% dei fondi necessari a far partire il progetto, con un mese ancora a disposizione.

Non entro in dettaglio nel merito del progetto, che è ottimamente spiegato in questo simpatico video dai due giovani startupper.

A coloro che volessero ulteriori informazioni o che desiderassero diventare backers di come4.org, consiglio di visitare la pagina dedicata al progetto su Ulule.

Ringrazio Matteo Righi del blog Partecipactive e “le Balene” per il gentile invito. Auguro ai ragazzi di come4.org un “in bocca al lupo” per questa grande sfida!

A presto,

Massimiliano

Il caso della console Ouya sta interessando da mesi diverse categorie di appassionati, diventando una storia di interesse per i cultori dei sistemi Open Source, del Crowdsourcing, del Crowdfunding e del Marketing, per non citare tutti gli appassionati dei gadget tecnologici, quei “pionieri” che per le aziende ormai rappresentano una delle risorse principali per penetrare i propri mercati obiettivo.

La console Ouya, se ancora non ne avete sentito parlare, è un piccolo cubo che utilizza come sistema operativo Android e che principalmente svolge la funzione di console per la TV, proprio come le classiche Playstation e Nintendo. La console può però svolgere anche altre funzioni, come riprodurre contenuti multimediali e connettersi con WebTV e presenta, inoltre, una connettività e caratteristiche hardware di ottimo livello. Il team dietro alla console ha saputo concentrare tutta questa potenza in una piccola scatola dal design e dal prezzo accattivante. Per ottenere una Ouya, infatti, si dovranno spendere solamente 99 dollari. Un prezzo modesto, soprattutto considerando il costo limitato dei tanti giochi presenti sulla piattaforma Android.

Grande successo o possibile fallimento?

Le caratteristiche tecnico-fisiche del prodotto non sono le uniche che rendono Ouya un caso interessante. Ouya si è guadagnata la sua fama grazie alla campagna-record di crowdfunding svolta sulla ben nota piattaforma Kickstarter. Con più di 8,5 milioni di dollari raccolti, entra di diritto tra i progetti di maggior successo finanziati tramite crowdfunding, tanto che la stampa specializzata si è persino chiesta se questa enorme quantità di finanziamenti raccolti non si possa trasformare in un boomerang, vista la grande quantitadà di ordini che il team dietro Ouya ha ricevuto grazie a Kickstarter. In effetti, anche la rivista Forbes, in un recente articolo, ha rimarcato le innumerevoli criticità che il team dovrà affrontare per consegnare a tutti i backers una Ouya nelle modalità e nei tempi promessi. Il team di Ouya, dal canto suo, ha sempre risposto con chiarezza ai critici e agli scettici, comunicando sempre in maniera puntuale le fasi di sviluppo del progetto. Come ben ricordato da Julie Uhrman, CEO di Ouya, il Crowdfunding è un meccanismo basato sulla fiducia, e Ouya, posizionandosi come un prodotto radicalmente innovativo (quindi ad elevata complessità e rischio percepito per il consumatore), non può che avere come obiettivo quello di costruire, in prima istanza, una forte brand trust. Gli errori non sono consentiti quindi, ma aldilà dei protagonisti, anche tutti coloro che si interessano di Crowdfunding stanno ora osservando il caso, aspettando di vedere se Ouya rappresenterà l’ennesimo successo o il primo grande fallimento di Kickstarter.

Quando Marketing fa rima con Hacking

Si era già potuto notare, nell’articolo riguardante il lancio di Pebble Watch, quanto le strategie di marketing non convenzionale giochino un ruolo di rilievo nel lancio di prodotti mediante approcci quali Crowdfunding e Crowdsourcing. Ouya è interessante anche perché non solo utilizza un sistema Open Source, ma anche perché permetterà, anzi, incoraggerà i propri utenti più esperti a smontare la console per modificarla o potenziarla. L’hacking della console non inficerà infatti la garanzia, che rimarrà intatta nonostante gli interventi dei più “smanettoni”. Ouya, nella sua versione finale, sarà dotata inoltre di un SDK (Software Developer Kit), che darà la possibilità agli sviluppatori amatoriali di creare dei giochi in maniera relativamente semplice. Mosse che differenziano decisamente Ouya dalla concorrenza, da sempre nascosta dietro brevetti e sistemi anti-hacking. La scelta è tesa a colpire, in primis, quella fascia critica di utilizzatori (pionieri ed early adopters) che saranno la testa di ponte per la diffusione della console presso la maggioranza anticipatrice e quella ritardataria. Tutte queste caratteristiche, radicalmente innovative per una console, instilleranno un DNA virale nel prodotto, favorendo la creazione di communities di appassionati ed esperti. Come sostengono gli studiosi di marketing non convenzionale, questa è una strategia volta a creare non solo legami con il brand, ma anche tra utenti e soprattutto tra i makers, gli hackers e gli sviluppatori amatoriali di giochi per console che decideranno di acquistare Ouya. In effetti, la scelta di favorire l’hacking pare perfetta per questo tipo di console, specialmente perché rivolta ad un target che da sempre ha dimostrato una grande fantasia e creatività, nonché una precisa volontà di condividere le proprie creazioni. Un’altra decisione tesa ad una veloce penetrazione del mercato è che i giochi, anche quelli a pagamento, saranno disponibili nella modalità free-to-play. Ciò permetterà ai giocatori di provare qualsiasi gioco prima di comprarlo, oppure di scaricarlo e di decidere di comprare espansioni, armi o altri add-on, sulla falsariga dei giochi scaricabili su Android e iOS. Anche questa caratteristica, comunque, rappresenta un inedito per una console “da tavolo”.

La triplice sfida

Ouya attualmente si trova di fronte a diverse sfide. La prima riguarda il concetto stesso di console da televisione. In un mondo che si sta muovendo sempre più verso l’utilizzo (anche videoludico) di periferiche portatili (tablets e smartphones in primis), alcuni addetti ai lavori ritengono che lanciare una console di questo tipo sul mercato sia una scelta azzardata. A mio avviso l’obiezione è legittima, ma sono certo che nei piani del CEO di Ouya non ci sarà solo una console, ma probabilmente una linea di prodotti pensati sulla falsariga della console originaria. Non da ultimo, altri dubbi riguardano la capacità della start-up californiana di penetrare un mercato già maturo e presidiato prepotentemente da colossi come Sony e Nintendo. Per alcuni, a conti fatti, 99 dollari per console sono un prezzo che non consentirà margini tali da sostenere il prodotto in un mercato così difficile e che, allo stesso modo, i margini dei giochi che saranno scaricabili dallo store saranno troppo ridotti per permettere ad Ouya di creare grattacapi ai big players. Infine, anche produttori come Samsung (forti della propria expertise sulla piattaforma Android) potrebbero inserirsi nel mercato con una console tutta loro, con un prezzo inferiore ad Ouya o con caratteristiche hardware migliori.

Nonostante tutto, la console Ouya rimane un caso interessante non solo per la sua natura “Open”, non solo perché il suo management sta adottando strategie di marketing particolarmente creative, ma anche perché ci troviamo di fronte ad un prodotto che ha la possibilità di dimostrare quanto il Crowdfunding, condito da adeguate strategie di marketing, possa essere uno strumento sufficientemente potente da sfidare multinazionali che presidiano da anni un mercato maturo. A questo proposito sarà interessante seguire le prossime mosse del team di Ouya, soprattutto riguardo ai tempi e ai modi in cui riusciranno a soddisfare la domanda iniziale e sostenere una successiva penetrazione del mercato. Se Ouya riuscirà ad adempiere ai suoi impegni e stimolare velocemente la creazione di comunità di appassionati intorno al prodotto, facendo contestualmente crescere il proprio brand, avrà buone possibilità di sfidare (e forse diventare essa stessa) un big player nel settore del gaming.

Per chi volesse approfondire l’argomento, segnalo due interessanti articoli di Forbes a riguardo:

Articolo 1: With Ouya’s Kickstarter Funded, What Should Its ‘Investors’ Expect?

Articolo 2: This Is Ouya’s Fatal Flaw

A presto,

Massimiliano

Il Crowdsourcing è quell’approccio che prevede di utilizzare come risorse – per la risoluzione di un determinato problema – un grande gruppo di persone o una comunità, grazie ad una “Open Call”, che prevalentemente avviene tramite Internet. Il Crowdsourcing è stato “storicamente” utilizzato anche come una “leva di marketing aggiuntiva” (aggiungendo alle classiche 4P del prof. Kotler anche la P di partecipazione) nelle strategie di marketing aziendali più raffinate.

Da un pò di tempo a questa parte però, si parla sempre più di una delle ultime declinazioni del Crowdsourcing, ovvero il Crowd funding, specialmente in relazione al “caso Pebble Technology”, la start-up di Palo Alto che ha da poco “disintegrato” tutti i record riguardanti i fondi raccolti grazie a questo tipo di approccio.

Il Crowd funding, detto anche Crowd financing o Crowd sourced capital, è quell’approccio che permette ad un soggetto, un’impresa o un’organizzazione di finanziare il proprio progetto grazie ad un grande numero di piccole donazioni, solitamente ottenute grazie ad Internet.

Pebble Watch: la start-up dei record

Come detto prima, in tema di Crowd funding la star del momento è Pebble Technology, la start-up californiana che ha saputo raccogliere (nel momento in cui sto scrivendo) circa 6 milioni di dollari per trasformare in realtà il progetto “Pebble Watch”, uno smart-clock che può connettersi via Wi-fi ad uno smartphone (grande notizia, non importa se basato su iOS o Android), visualizzandone e-mail, tweet, aggiornamenti di stato su Facebook, ma anche eventi sul calendario e previsioni del tempo.
Gli inventori di “Pebble Watch” volevano creare un orologio che visualizzasse tutte le informazioni chiave del proprio smartphone senza estrarlo dalla tasca dei pantaloni. All’ottenimento dei primi prototipi funzionanti era chiaro che il prodotto avesse un grandissimo potenziale, ma, come sempre in questi casi, servivano dei fondi per far partire il progetto.

A mio avviso, credo che nessun venture capitalist avrebbe avuto problemi a finanziare un progetto così ambizioso ed intrigante, ma piuttosto credo che la scelta di ricorrere al Crowd funding (grazie alla piattaforma fornita da Kickstarter) sia stata una scelta consapevole, non un ripiego.

Sempre secondo la mia opinione, il Crowd funding rappresenta un metodo di finanziamento potenzialmente più potente rispetto ai classici metodi di seed financing.

Crowd funding: un modello win-win

Proviamo a pensarci: a parità di prodotto, un progetto finanziato grazie ad un business angel o ad un fondo di venture capital deve intraprendere una via faticosa, iniziata “sgomitando” per ottenere l’attenzione necessaria ad un finanziamento, contrattando per ottenere la cifra desiderata, e finita nella non piacevole situazione in cui il team sia giudicato dagli analisti del fondo, che possono decidere della vita o della morte della start-up in ogni momento.
Il modello classico di seed financing prevede che poi, superata la fase di prototipazione ed ingenierizzazione, si passi a quella della produzione. Per poter vendere i suddetti beni o servizi, la start-up avrà poi bisogno di altri fondi da investire in marketing, affrontando poi il rischio di un “flop”, nel caso il prodotto non sia apprezzato dal mercato.

Le piattaforme di Crowd funding puntano ad eliminare la macchinosità di questi processi, mettendo “tutto nelle mani del mercato”. Per spiegare a cosa mi riferisco, parlerò velocemente di Kickstarter.

Kickstarter, la più famosa piattaforma di Crowd funding del mondo, fornisce un servizio che permette di presentare il proprio progetto al popolo Web, permettendo ai visitatori del sito di partecipare alla raccolta dei fondi per la sua realizzazione.
I punti chiave di Kickstarter sono:

  • Tutto o nulla: il progetto deve avere un target di fondi da raccogliere in un determinato periodo di tempo (es: 4000 dollari in un mese per lanciare un nuovo album). Se in questo periodo di tempo il progetto non raggiungerà l’obiettivo, i finanziatori saranno rimborsati.
  • Ricompense per i finanziatori: coloro che lanciano il proprio progetto su Kickstarter devono fornire un sistema incentivante ai propri finanziatori. Solitamente si tratta dei beni oggetto del finanziamento (o di loro edizioni limitate), che una volta prodotti verranno consegnati al finanziatore. La convenienza, per il finanziatore, sta solitamente nel fatto che il prezzo finale del bene sul mercato sarà superiore al valore della donazione.
  • Un’idea, se buona, può fare il giro del mondo ed avere il successo che merita: Kickstarter è nata proprio con questa mission. L’impresa trattiene il 5% del valore dei fondi raccolti.

Il modello che viene a crearsi tramite queste piattaforme è efficacissimo: non solo Kickstarter funge da collettore per ottenere dei finanziamenti, ma coloro che finanziano il progetto sono consumatori o rivenditori del prodotto.
Prendiamo l’esempio di “Pebble Watch”: l’azienda permette di ottenere un orologio “basic” con un’offerta di 99 dollari (il prezzo di mercato, una volta partito il progetto sarà di 150 dollari), e via via crescendo, fino ad arrivare ad un “megapack” di 100 Pebble Watches ottenibili alla cifra di 1000 dollari.

Crowd funding: non solo finanza, ma anche marketing

Per tutti gli startupper e i marketers, questo modello rappresenta un sogno: non solo è in grado di offrire esattamente il finanziamento di cui la start-up ha bisogno, ma, fattore ben più importante, crea già un mercato finale ai prodotti.
Le applicazioni che questo modello può avere in una strategia di marketing virale sono inoltre notevoli: nel caso di “Pebble Watch”, il buzz creato dal successo del funding tramite Kickstarter ha accelerato ed intensificato il numero e l’ammontare dei finanziamenti, determinando istantaneamente una grandissima notorietà del prodotto a livello globale, ancora prima che esso sia messo in produzione e commercializzato.
Come segno tangibile basta fare qualche ricerca, che vi dimostrerà come tutte le più importanti riviste di business, tecnologia e marketing hanno ripreso, nei giorni scorsi, la notizia dei record della start-up di Palo Alto.

Il Crowd funding, una via per il rilancio dell’economia Occidentale?

Il grande successo di Pebble Technology arriva in concomitanza con l’approvazione, da parte del Senato U.S.A. del cosiddetto JOBS act (Jumpstart Our Business Startups), una legge promulgata con il fine di regolamentare il Crowd funding ed incoraggiare il finanziamento delle start-up e delle piccole imprese. Che questi nuovi approcci all’impresa possano rappresentare una soluzione alla crisi sempre più nera che si prospetta non solo nel nostro Paese, ma in tutto il mondo occidentale?
Quando leggo storie simili penso proprio all’Italia e a quanto il nostro paese sia pieno di creativi, desiderosi soltanto di avere a disposizione gli strumenti giusti per “monetizzare” o far crescere i propri progetti.

Se desiderate maggiori informazioni sul Crowd funding vi invito a visitare due importanti piattaforme di Crowd funding italiane:

  • Siamosoci: una piattaforma di equity-based Crowd funding per la promozione di investimenti in startup innovative.
  • Open Genius: piattaforma di Crowd funding focalizzata sulla raccolta di fondi per progetti di ricerca.

Se desiderate visitare la pagina Kickstarter di Pebble Technology, il link è: http://kck.st/HT8bXb
Se desiderate maggiori informazioni riguardo al JOBS act, vi consiglio di leggere il recente articolo pubblicato su Forbes a riguardo e la pagina dedicata alla legge su Wikipedia

A presto,

Massimiliano